Solo storie di Sosso – Gua Sha n. 14
La perversa venere siberiana e altri amori di Giuseppe Stalin
Sto veramente male, come tutti immagino, di fronte a quello che sta succedendo, e anche di fronte a come se ne parla. Mi mancano le competenze e le parole per esprimere il dolore – me la cavo meglio con la rabbia, in genere, e ne avrei da vendere. Ma non ho voglia neanche di essere arrabbiata: di fronte a cose molto più grandi di sé, di fronte alla fine insomma, se non si può fare niente, ci si può disperare, oppure si può mandare tutto in vacca con una certa euforia sinistra. E allora vada per la provocazione gratuita: premettendo, ça va sans dire, che condanno eccetera eccetera, è il momento giusto per dire “make love not war”.
E per dirlo, perché no, con Stalin.
– Elisa Cuter
Elisa: vi prego, qualcuno si prenda la briga di ricordare quanto fosse bono Stalin da giovane, se lo faccio io il pezzo risulta ancora meno credibile…
Francesco: e queste parole finiranno nel pezzo
Sulla guerra della Russia all’Ucraina
di Ivan Carozzi
Giovedì sono stato a cena con un amico. Abbiamo preso entrambi una pizza al prosciutto crudo e una birra. Mi ha chiesto che cosa ne pensassi della guerra in Ucraina e come stessi vivendo un momento così pesante e angosciante. Mi diceva che da quando era iniziata la guerra aveva ricominciato a leggere i giornali e che tutte le mattine andava in edicola e comprava quattro quotidiani: il Corriere, La Repubblica, La Stampa, Domani. Da parte mia ho detto che avevo ripreso a guardare su internet le repliche di qualche talk show televisivo, ma mi sentivo oppresso dallo spavento. Ero balbuziente e incapace di affrontare una discussione o di formulare un’opinione all’altezza. Mentre mi raccontava ciò che aveva letto a proposito della ritirata dell’esercito russo da Bucha, della strage alla stazione di Kramatorsk, delle fosse comuni e delle torture, io ero attratto da una scena che si svolgeva alle sue spalle e che lui non poteva vedere. Un uomo e una donna erano seduti a un tavolo. Avevano appena finito di mangiare la loro pizza. L’uomo sembrava depresso, aveva una faccia sconsolata (mi ha ricordato la faccia del Ministro Speranza).
La donna a un certo punto si è alzata dal suo posto ed è andata a sedersi sulle ginocchia di lui. Indossava un paio di stivali di pelle nera alti fino al ginocchio e un vestito dai colori spenti, con fantasie autunnali – mi sembrava di vedere sul tessuto il disegno di cachi e melograni – tenuto stretto in vita da una cintola. Portava il rossetto sulle labbra. Ho pensato che si fosse fatta bella per lui. Dopo essersi seduta sulle ginocchia, ha preso ad accarezzare i capelli dell’uomo. L’uomo sembrava provato da un trauma recente, come se quel pomeriggio avesse ricevuto una brutta notizia. Le coccole di lei si sono fatte più calde e premurose. Probabilmente l’uomo, al contatto con la carne di lei, stava avendo un’erezione, un’erezione che si stava facendo largo in un momento di disperazione e sofferenza.
Anche se continuavo ad ascoltare il racconto del mio amico sulla guerra della Russia all’Ucraina, commentando di tanto in tanto, non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla coppia. Ero ipnotizzato dalla purezza della loro connessione e dalla danza delle loro interazioni. Non c’era traccia di esibizionismo, vedevo solo il potere dell’ostinazione amorosa espresso nella reiterazione dei gesti. Questi minuti della loro vita non potevano che nascere da una profonda confidenza e da una serie di esperienze positive e negative trascorse insieme. Non escludo che il loro rapporto prima e dopo quel momento potesse essere un fallimento totale, e forse la faccia triste dell’uomo era il risultato di qualcosa che non funzionava, eppure in quella parentesi serale al ristorante l’uomo e la donna si stavano amando, era evidente.
Ciò che mi colpiva e mi riempiva di ammirazione per queste due persone è il fatto che generalmente le persone a Milano preferiscono non mostrarsi depresse e tantomeno si lasciano andare a dimostrazioni di affetto e intimità amorosa, specialmente all’interno di un ristorante. C’è una legge non detta che non lo permette o tuttalpiù non lo tollera e sulla quale, come conseguenza, si giocano le regole della seduzione in pubblico. Qualche minuto più tardi una coppia seduta a un altro tavolo ha cominciato a baciarsi con la lingua. Ho pensato che il bacio fosse partito grazie a un contagio nato dall’esempio della prima coppia e dall’iniziativa di lei di alzarsi dal tavolo e sedersi sulle ginocchia di lui. L’ho pensato tra me e me e poi mi sono detto che non poteva che essere così. Tutti noi viviamo nell’esempio e nell’imitazione. Finita la pizza restavano ancora tre dita di birra nel bicchiere, così io e il mio amico ci siamo trattenuti ancora un po’ e abbiamo continuato a parlare di Russia e Ucraina, anche se per scaramanzia, immagino, nessuno dei due ha osato accennare alla questione dei missili nucleari. Finita la birra, ci siamo alzati e ce ne siamo andati. L’uomo all’altro tavolo era ancora triste e la donna era ancora seduta sulle sue ginocchia.
Solo storie di Sosso
di Elisa Cuter
Le donne e gli amori di Giuseppe Stalin
Il mio amico Alessio anni fa mi ha regalato un volumetto, trovato su una bancarella a Torino, di cui sono gelosissima (la dedica recita infatti “Per un culturalissimo fondo pensione!”, tuttavia al momento negli store online lo vedo quotato a circa cinquanta euro, toccherà attendere). Consta di ben 187 pagine ed è ad opera di un certo “Naldo Pagos” la cui stringata bio reca: “sotto questo pseudonimo si cela un giornalista – scrittore di fama internazionale vissuto a lungo nella URSS. Uno dei pochi che han tentato di capire gli eventi e soprattutto i personaggi del “nuovo ordine” sovietico. Senza dogmatismi né (sic) polemiche: solo interesse umano e desiderio di obiettiva informazione. Quanto ai motivi che all’Autore hanno consigliato l’anonimato, riteniamo che siano facilmente comprensibili. Una strizzatina d’occhio al contenuto licenzioso o ai “segreti di stato” contenuti nel libretto? Comunque, sarebbe interessante scoprire chi l’ha scritto effettivamente, magari scovare un nome noto della letteratura (dalle traslitterazioni contenute, però, ho il sospetto sia stato scritto in originale in tedesco, ma potrei sbagliare). In ogni caso, non serve aver letto Richler per sapere che un sacco di autori si prestavano a progetti simili per arrotondare. Era il ghostwriting dell’epoca. Ma alla fine se nessuno si imbarca in queste ricerche forse è proprio per questo: non era strano né insolito, e vista la standardizzazione linguistica richiesta, un’eventuale scoperta ci direbbe più dell’epoca che dell’autore stesso. In ogni caso, mi piace immaginare il buon Naldo come un altro abitante della nostra Grub Street, come un girone dell’inferno in cui finiscono i pennivendoli precari.
Ma torniamo al volume: è del 1958, quindi cinque anni dopo la morte di Stalin e già due anni dopo la denuncia di Krusciov dei suoi crimini. Anche se il titolo è “Le donne e gli amori di Giuseppe Stalin”, nel testo il dittatore è chiamato quasi sempre Sosso, il diminutivo dell’infanzia con cui si firmava nelle lettere private. Il titolo spiega già tutto: è tutto lezioso, triste, sia cringe che criminale. Ma è anche tutto bellissimo. Potrei parlarne per settimane, approfondendo diversi aspetti. Uno è quello degli apparati paratestuali, come l’introduzione della casa editrice, la milanese Astoria, (da non confondersi con quella nata nel 2010 fondata da donne che gravitavano attorno alla Buchmesse di Francoforte, anche se sarebbe bellissimo se fosse la stessa: la mia “pista tedesca” troverebbe conferma, e se ne aprirebbe una nuova: quella di un Naldo Pagos donna!), che dichiara che lo scopo della collana “Personaggi allo specchio (... di Venere)” è quello di “cercare di violare la corazza che l’ammirazione, l’odio, l’invidia del prossimo aveva eretto attorno” ai personaggi storici, ottenendo di “umanizzarli un poco, di renderli più vicini a noi e, tutto sommato, forse più simpatici”. Per inciso, la pagina wikipedia di Gino Sansoni, marito di una delle sorelle Giussani e fondatore della casa editrice, lo ritrae come segue: “Personaggio molto estroso, membro dell'informale Club del Giovedì che si riuniva intorno a Gianni Brera. Squadrista a quattordici anni, durante il regime fascista venne inviato al confino per contrasti con il partito. Nel dopoguerra non si interessò più alla politica attiva”. Un altro tipo di analisi implicherebbe osservare come viene raccontato il sesso, tentando di compilare un “best of” delle parti più scabrose per notare da un lato la tensione tra progressiva apertura e autocensura dell’epoca, dall’altro quella legata alla figura della donna, tra timore, idealizzazione e sfruttamento.
Le vie che si diramano sono letteralmente infinite, ma per ora mi limito a riportare i titoli dei capitoli e relativi sommari. Sono un buon modo per entrare nello spirito, un ottimo riassunto dell’intera “biografia” di Sosso e anche un bel gioco: nei commenti o rispondendo a questa newsletter, potete votare quale capitoletto vorreste leggere per intero e lo ricopierò, fedele amanuense, per voi. Questa miniera non può restare sepolta come l’archivio Barragán, merita di essere messa a disposizione di chi ha tempo e interesse a fare questa ricerca. Dietro al LOL d’antan c’è sempre tanto materiale.
Capitolo I. SCHERMAGLIE GALANTI
Il fosco giovane dal grosso ciuffo sulla fronte bassa, era invaghito della Principessa: ma si smarriva nei dozzinali amorazzi, trovando nella sensualità sfrenata l’antidoto alla sua timidezza.
Capitolo II. PASSIONE TRA LE MURA DEL SEMINARIO
Tchurja, la figlia del custode del giardino del seminario ortodosso di Tifilis, era una ragazza perversa e corrotta: svelò all’adolescente Sosso il turbine dei piaceri proibiti, e causò la sua espulsione dalla scuola.
Capitolo III. LA FIGLIA DELL’ARCIPRETE
Sosso aveva avuto dalla natura, il dono di una splendida voce tenorile: cantando alla festa del “Khevsures”, ancora ragazzo, fece la sua prima conquista femminile e per la prima volta conobbe l’ebbrezza.
Capitolo IV: LA PROFEZIA DELLA MEGERA
La decrepita “pitonessa” tartara volle preconizzare il destino del giovinetto, ma dopo avergli osservato la mano, venne colta da improvviso terrore. Sosso mostrò di non credere, pur tremandone: egli piaceva molto alla donne, e ciò non gli bastava.
Capitolo V: FOLLE D’AMORE PER LA BELLA “NICHILISTA”
Galina, la spregiudicata rivoluzionaria, scatenò l’irruente passione di Sosso. Ma le decisioni del Partito li divisero: il giovane lottò strenuamente contro la “condanna” del romanticismo, ma l’improvviso colpo del Destino gli rammentò la profezia della fattucchiera tartara.
Capitolo VI: TORBIDE SFRENATEZZE ORGIASTICHE
Kamo, il leggendario brigante caucasiano, temuto come il diavolo, tentò di rubare la donna di Sosso, una fiorente e voluttuosa fanciulla circassa che lo aveva seguito tra i “partigiani”. Ma egli seppe affrontare il pericolo, e vinse.
Capitolo VII: UN AMORE INFELICE
Egli era attivamente ricercato dall’Okrana, la bieca polizia segreta zarista, ma avrebbe potuto sfuggire l’arresto se non si fosse invaghito di Gàlia, una bellissima fanciulla armena. Fu il padre di costei, un mercante di Bakù, a denunciarlo: ma Sosso, innamorato, perdonò.
Capitolo VIII: LA PERVERSA VENERE SIBERIANA
L’infernale Siberia parve ingoiare Sosso per sempre. Egli sarebbe finito nelle micidiali miniere di rame, se la perversa moglie del comandante dei gendarmi non avesse notato il suo aspetto gagliardo… Ed era una donna dal temperamento di fuoco incandescente!
Capitolo IX: SCONVOLGIMENTO SENSUALE
Nel cuore della taiga siberiana, l’ardente Olga trascinò il giovane nel sovvertimento voluttuoso. Ella giocava perfidamente con lui, ed era in gioco la vita! Ma la passione della bella Matscha prevalse: e Sosso poté fuggire dall’inferno.
Capitolo X: IL VERO, GRANDE AMORE!
Ekaterina, la dolce fanciulla di Gori dalla fragile e cristallina bellezza – già insidiata da un tremendo male – fu l'unica donna che Stalin amò perdutamente, proprio con tutto se stesso. Ello lo seguì senza nulla chiedergli, e quando Sosso la sposò, parve che una nuova vita cominciava.
Capitolo XI: L’ATROCE COLPO DEL DESTINO…
L’unica donna pazzamente adorata da Stalin morì dopo pochi anni, e fu come se la luce svanisse per quell’uomo, già asceso agli alti gradi del Partito. Con Ekaterina aveva conosciuto la vera felicità e la serenità: era stato buon marito e buon padre, ma ad un tratto cambiò. Divenne gelido e spietato: così come il Destino s’era mostrato a lui!
Capitolo XII: FUGGEVOLI AVVENTURE
Egli venne di nuovo arrestato e nella orrenda prigione di Batum conquistò la figlia del direttore. Mandato in Siberia, fuggì; fu ancora catturato e nuovamente la Siberia lo accolse. Scialbe avventure galanti rallegrarono quel cupo periodo.
Capitolo XIII: DI NUOVO IN SIBERIA
Evaso dalla taiga siberiana, Stalin lasciò il Caucaso e venne invitato a Pietrogrado, dal Partito. Divenne direttore della “Pravda”, ricoprì cariche sempre maggiori, finché l’Okrana poté arrestarlo di nuovo. Finì subito nel più lontano recesso della Siberia, ove doveva restare fino al prorompere della Rivoluzione.
Capitolo XIV: TURBINE DI MORBOSI DESIDERI
I vari tentativi d’evasione, di Stalin e di molti deportati, non ebbero successo, cosicché essi dovettero rassegnarsi. Nel gennaio del 1915 capitò laggiù, deportata, la bellissima e conturbante attrice Vera Delavska, che portò una bufera di passioni.
Capitolo XV: VIOLENZA FRA LE NEVI
Le profferte amorose di Stalin non sortirono alcun effetto sulla voluttuosa Vera, che a lui preferì altri deportati. Egli tentò i mezzi estremi, spinto da morbosi desideri. ma invano: la torbida donna divenne l’amante di Kamenev, proprio il migliore amico di Stalin.
Capitolo XVI: FOSCA NOTTE CON NADJEVNA
Nadja Alliluev, la bellissima e attiva rivoluzionaria, segretaria di Stalin, volle farsi imprigionare con lui. E in quella terribile notte entro la cella della morte, gli si abbandonò, nell’impeto passionale. Dopo la liberazione, Stalin la sposò: ma per lui si trattava solo di una passione dei sensi.
Capitolo XVII: LA CONTURBANTE NIPOTE DI CHURCHILL
La biondissima e affascinante Clara Sheridan, viziata fanciulla del “bel mondo” londinese, recò nella cerchia dei caporioni sovietici una ventata di frivolezza. Stalin, invaghitosi, tentò di conquistarla, ma ella preferì un altro: Kamenev. Ormai Stalin cominciava a odiare il vecchio amico.
Capitolo XVIII: INTRIGHI D’ALCOVA AL CREMLINO
Proprio Nadja Alliluev presentò al marito la conturbante Lisa Khazanova, la quale divenne segretaria di Stalin, e dopo la misteriosa morte di Nadja, fu la sua voluttuosa amante. Ma nell’ombra del Cremlino si tramarono inganni, perché l’uomo che ormai era il vero padrone dell’URSS, sposasse un’altra donna.
Capitolo XIX: TERZA E QUARTA MOGLIE
Stalin sposò Rosa Kaganovic, sorella d’uno dei capi sovietici; ma fu una unione infelice, che finì presto col divorzio. Dopo, il dittatore contrasse matrimonio con Polina Rossowa, una celebre aviatrice, splendida donna; egli aveva sessant’anni.
Capitolo XX: LE VENERI DEL CREMLINO
Tre donne assunsero ruoli estremamente particolari al Cremlino, all’ombra di Stalin. Donne giovani e bellissime, conturbanti e ambiziose, prive di scrupoli, che lottarono per impadronirsi delle leve del potere, ma invano.
Capitolo XXI: LE DUE RIVALI
Le vendette delle “Veneri del Cremlino” esplosero dopo la morte del dittatore, ma nessuna di esse ha vinto. Fino all’estremo, dunque, la tragica profezia della fattucchiera tartara seguì il suo destino!
Outro
C’è un altro gioco che si può fare, leggendo queste righe. Un confronto tra il modo con cui si parlava della Storia e delle sue atrocità una volta e ora. Lamento il sentimentalismo in realtà cinico con cui si parla ora, ma quello di una volta non era meglio, a volte fa bene ricordarselo.
D’altra parte, contro l’incapacità di distinguere tra un governo e una popolazione dimostrata da episodi come quello di cui è stato protagonista Paolo Nori, scherzare su Stalin mi ha fatto pensare a una forma di “ponte” tra due mondi: attualmente in Russia, ha raccontato Maria Chiara Franceschelli al Tascabile,
anche fra la popolazione più giovane c’è tutta una riscoperta del passato sovietico in chiave romantica ed estetica. Se con le vecchie generazioni questa cosa si fa grazie ai veterani sovietici, con i giovani questo avviene attraverso la romanticizzazione della tarda estetica sovietica. Si ricrea un passato che appartiene solo a loro, che non è legato all’Occidente, ma che al tempo stesso non possono ricordarsi, e che quindi possono estetizzare a piacimento e che possono arricchire con nuovi beni di consumo. Questo è evidente nella scena underground di Mosca e San Pietroburgo, dove comunque la contaminazione con artisti occidentali è altissima.
In ogni caso ho la sensazione stranissima e non piacevole in questo momento di trovarmi spesso d’accordo con “tipi” di persone da cui mi tenevo alla larga un tempo: cosiddetti rossobruni, femministe della differenza, cattolici. I vecchi parametri sembrano saltati, e forse era ora, ma questo vuol dire che le coordinate per interpretare il mondo vanno ripensate. Continuo a sentirmi estremamente distante da tutti e tre i “tipi” di cui sopra, e non cambierò idea ora. Però da ognuno di questi modelli interpretativi si può prendere qualcosa. In particolare la riflessione femminista torna utile: non sono d’accordo con chi si illude che la guerra sia un prodotto della maschilità, che sia fatta e voluta solo dagli uomini, che sia una conseguenza diretta della “mascolinità tossica”. Però penso che la guerra riaffermi un binarismo arcaico e inimmaginabile per me, oggi: i maschi in guerra, le donne e i bambini in fuga. La percentuale di donne che hanno preso il fucile sbandierata con orgoglio, i disertori perseguibili penalmente. Non è nello spirito di Gua Sha spiegare che le righe che ho riportato sopra sono un concentrato di retorica virilista improponibile, ma spero sia nello spirito di Gua Sha poterne ridere.