

Discover more from Gua Sha
“La decima settimana” sembra una strategia ostetrica per prendere le misure di un parto imminente, invece è solo il modo in cui cadenziamo questa newsletter che bene o male procede, con poco lavoro di cura e moltissimo amore, qualsiasi cosa voglia dire. Amore è tutto quello che si può ancora tradire scriveva Andrea Pazienza, a cui ci sentiamo più vicini per la fine tragica che per il genio. Come Paz, cerchiamo una via di scampo dall’organizzazione svizzera troppo italiana, dagli aperitivi a sette euro e cinquanta e dalla società delle norme che ha colonizzato la trasgressione e il disfattismo, rendendolo chic e produttivo. Noi non vogliamo esserlo più. Essere produttivi significa essere sensati, scappare dalla devianza, non essere buoni a nulla, insomma, e la decima settimana è, invece, il momento giusto per restare embrioni. Prendete noi. Scrivere qui è il contrario di coerenza e senso, è come prendere la rincorsa su una bici senza sellino, è arte senza spirito di sacrificio, qualcosa di più simile alla masturbazione creativa di un adolescente con i brufoli e la cresta verde che a una notte d’amore da vendere a uno sceneggiatore del Sundance Film Festival. Lo spirito di Gua Sha è l’opposto dell’impegno calvinista perbenino, un po’ anale (ma senza essere divertente) che caratterizza i lavori che facciamo per vivere. Questa settimana ripensiamo la socialità, cercando di entrare nella testa dell’altro e di connetterci fuori dalla logica dell’utile: ecco Matteo Grilli come il nostro John Malkovich marchigiano, recensito da Francesco Pacifico, mordi fuggi ciauscolo fluo. Respiriamo. Aria nei polmoni, braccia lungo i fianchi, occhi socchiusi sullo schermo. Ci interroghiamo sulla difficoltà, ammirando gli arzigogoli letterari di Sara Marzullo, fra Foucault, Duras e il felice risparmio dei mercatini parrocchiali. Desideriamo, espirando, di inventarci un’altra soluzione. Siamo scissi fra il desiderio, comprensibile, di ricevere la stellina d’oro – “come sei stato bravo/produttivo/performante/serio e affidabile!” – e quello, antisociale ma molto punk, di mandare tutto affanculo. (MADONNA PIANTALA SOFI, CHE PALLE STA PREDICA – FP). Non definirsi in relazione agli altri è difficilissimo, come scrivere questa introduzione in treno, che fa schifo e non serve quasi a niente. Buona lettura.
– Sofia Torre
Crocevia di punti morti, di Matteo Grilli (Effequ, 2020)
di Francesco Pacifico
Le Chasseur Français
di Sophie Calle
Le Chasseur Français (Il cacciatore francese) ha pubblicato annunci personali dal 1895. Partendo dalla considerazione che la caccia di animali non è troppo diversa dalla caccia di potenziali partner, Sophie Calle ha setacciato gli archivi della rivista per capire quali sono i criteri di accoppiamento che meglio rappresentavano ciascuna decade. Seguono i trend della società. All’inizio i soldi. Poi la verginità. Dopo la guerra, molti fanno riferimenti al fisico – un soldato paralizzato adesso può accettare un labbro leporino.
(da Wallpaper. Grazie a Sara Verdecchia per averlo postato)
Ritratti
di Ivan Carozzi & Sara Marzullo
Ivan Carozzi nella nostra catena di email ci manda un link. Scrive “Bello il ritratto di matteo grilli. Aggiungo se volete questo videoritratto del golden langur”, ma non sa che comparirà sotto l’opera di Sophie Calle, in cui l’artista francese raccoglie annunci personali de Le chasseur français per capire come cambia la danza di accoppiamento della specie animale di cui facciamo parte. I cacciatori e le cacciatrici francesi cosa vogliono? La ricchezza, la bruttezza, la fede cristiana, la gentilezza, le tette, un rimpiazzo per la madre, qualcuno nei dintorni. Forse non c’è posto migliore, più letterale, di quella rivista di caccia e pesca. Scopro che si è persino adeguata ai tempi: Brindamour è il sito di incontri della rivista, una specie di Meetic per i francesi a cui piace la natura e la campagna. Sulla homepage un uomo e una donna vestiti da ufficio-casual-struscio corrono nei campi di grano. Una specie in via di estinzione? Il claim: “Brindamour, il sito per persone vere, legate alla propria regione, alle proprie tradizioni, alla natura e orgogliose del proprio stile di vita”. Forse solo una specie conservatrice, un sito in cui non esistono pronomi, sfumature, come ai vecchi tempi. Comunque questo è il link che ci manda Ivan: un videoritratto del langur dorato, che ci ricorda che i ritratti di uomini sono ritratti di animali.
Viene dal profilo Instagram di Joel Sartore, fotografo, collaboratore di National Geographic e fondatore di Photo Ark, progetto di documentazione fotografica che attraverso il ritratto intende sensibilizzare sul tema della specie animali a rischio.
Gli occhi con la personalità, gli animali schivi, i comportamenti difficili da osservare in natura. Tout se tient.
– Sara
Molto raro e molto riservato, non si sa molto del langur dorato di Gee, in via di estinzione. A differenza di altre specie di langur che sembrano non temere l'uomo, i ricercatori hanno detto che questa scimmia lavora duramente per evitare le interazioni umane, rendendole estremamente difficili da osservare in natura. Quello che sappiamo è che come altre scimmie della sottofamiglia dei Colobinae, il langur dorato ha uno stomaco disegnato per decomporre la cellulosa difficile da digerire delle foglie, il che si riflette sulla sua dieta, fatta di germogli di foglie, frutti, fiori, semi e ramoscelli.
La vita materiale
di Sara Marzullo
Qualche settimana fa, mi sono imbattuta in un mercatino di libri della parrocchia della chiesa della Consolata, a Torino. Tra i libri a un euro ho trovato questa raccolta di saggi di Marguerite Duras, La vita materiale, libro di cui non sapevo niente.
Marguerite Duras parla a Jérôme Beaujour, dice la prefazione:
Questo libro ci ha fatto passare il tempo. Dall’inizio dell’autunno alla fine dell’inverno. Tutti i testi, tranne pochissime eccezioni, sono stati ‘detti’ a Jérôme Beaujour. Poi, trascritti li abbiamo letti… Nessuno di questi testi è esaustivo… Non sono depositaria del pensiero totalitario, voglio dire: esaustivo. Ho evitato questa piaga.
Questo libro senza fine e senza inizio non è, quindi, una raccolta di saggi, ma forse di conversazioni a una voce, di monologhi, un diario di cose sparse. È straordinario. Non ho mai letto troppo Marguerite Duras, ma ricordo il momento in cui ho letto L’amante per la prima volta – se non era estate, il libro rende quel ricordo un ricordo estivo, appiccicoso – e ricordo quando ho visto Hiroshima mon amour – nella solitudine dei vent’anni, per cui tutto sembra chiaro finché non lo è più. Ho finito di leggere questo libro su un aereo, domenica scorsa.
Duras parla di tutto – della letteratura, degli amanti, delle case, dei rapporti tra i sessi, dell’alcolismo, di Yann Andréa – ma non si sofferma su niente in particolare, sempre che sia possibile. Come dice lei, vuole “imboccare l’autostrada della parola”, vorrebbe andasse dappertutto, ma forse può andare “in un solo posto alla volta”. Mi pare sia fuori commercio, quindi tento un breve inventario del dappertutto di questo libro (la prima edizione è del 1988, Feltrinelli, traduzione di Laura Guarino).
Mi piace quando racconta di tutte le lettere che gli scrivono i lettori, di un ragazzo che si sdraia fuori dalla porta di casa sua perché vuole fare l’amore con lei, di quando non esce perché ci siete VOI (così, in maiuscolo, NOI, i lettori), di quando invece a Yann Andréa risponde. La letteratura non è solo il modo in cui sono messe le parole, è la limpidezza di questo pensiero, la voce sotto la voce. A volte serve ricordare cos’è un grande scrittore. La differenza che c’è con tutto il resto. L’autostrada della parola.
LA CASA
Le case moderne non hanno neppure i corridoi dove i bambini possano correre o giocare, corridoi per i cani, gli ombrelli, i cappotti, le cartelle, e poi non dimentichiamolo: i corridoi sono il luogo dove si rotolano i bambini piccoli quando sono sfiniti dalla stanchezza, dove si addormentano, dove si va a raccoglierli per metterli a letto, dove vanno quando hanno quattro anni e non ne possono più dei grandi, della loro filosofia, di tutto… I bambini non guardano le case, come non guardano le pareti di carne che li racchiudono quando ancora non vedono, non le guardano ma le conoscono.
IL CORPO DEGLI SCRITTORI
Il corpo degli scrittori partecipa dei loro scritti. Gli scrittori provocano la sessualità nei loro confronti. Come i principi e i potenti... Nelle coppie di scrittori, la moglie per parlare del loro lavoro dice: Mio marito è uno scrittore. Il marito dice: Anche mia moglie scrive. I bambini dicono: Papà fa i libri, anche la mamma qualche volta.
LA MORTE E LA TELE
È cominciato con la morte di Michel Foucault; Michel Foucault è morto e all’indomani della sua morte si è visto in televisione un servizio su di lui che teneva una lezione al Collège de France. Della sua voce non si sentiva quasi niente, solo un lontano gracchiare. La voce c’era ma coperta dalla voce del giornalista che diceva che quella era la voce di Michel Foucault che stava facendo una lezione al Collège de France… Deve averlo scoperto un capo-servizio che se il giornalista e il morto avessero parlato insieme, si sarebbe risparmiato un minuto di trasmissione per poter parlare poi, non necessariamente di sport, no, ma di altro, di cose varie, divertenti, interessanti.
NON VUOLE?
Se i miei libri sono difficili, è questo che vuole sapere? Sì sono difficili. E facili. … L’Uomo Atlantico è molto difficile, ma così bello che non è difficile. Anche se non si capisce. Questi libri del resto non si possono capire. Non è la parola giusta. Si tratta di un rapporto privato, fra il libro e il lettore. Si geme e si piange, insieme.