Gua Sha dibatte. Gua Sha si acciglia. Gua Sha è un locale di spogliarelli in cui può entrare solo chi ha la chiave. Le chiavi sono in bella vista, non c’è un test o una prova da superare ed è questo che ti fa girare la testa. Se te la senti, puoi abbonarti qui per 25 euro all’anno o 5 euro al mese, le chiavi ti arriveranno per posta, con massima discrezione. Poi entri e magari non trovi quello che ti aspetti: c’è un uomo che strimpella una canzone, Teorema di San Valentino, “Prendi una donna portala al bar / Lasciala sedere al bancone / Non farti vivo quando compare / Un uomo che le vuole parlare”. Ti accorgi che è Francesco Pacifico, che sta sussurrando con voce calda: “e stai tranquillo non ti lascerà / È solo stufa della retorica / Di questo amore che non smolla mai / Di questa coppia che è sempre più Rai”. All’angolo ci sono Veronica Raimo e Marco Rossari che elencano tutte le parole per scopare che hanno trovato nei libri, anti-erotismo erotico anti-erotico, a cui una Elisa Cuter urla in risposta che “vogliamo solo liminare”. Dentro Gua Sha ognuno parla da solo, ma tutti parlano insieme. A tarda notte, sul palco, Sara Marzullo legge una riflessione sulle imprevedibili virtù del flirt, traducendo a braccio lo psicanalista Adam Phillips, riproducendo messaggi vocali…
Questo è il nostro numero di San Valentino a testa in giù, all’incontrario, appeso per i piedi, forse non è neanche un numero sul sesso o sul desiderio (“vedo l'eros cristallizzarsi in parole precise e mi viene un po' da cambiare canale”, commenta al bancone Ivan Carozzi), ma su quello che c’è dopo. “Ormai penso solo per forme, perché discutere?”
Teorema di San Valentino
di Francesco Pacifico
Prendi una donna portala al bar
Lasciala sedere al bancone
Non farti vivo quando compare
Un uomo che le vuole parlare
Là da sola si sente importante
Tu sei sempre lo stesso, lo sai
Sta cercandosi un tenero amante
Sii sempre presente, non parlarne mai
E sta sicuro che ti scoperà
Chi è molto amato amore dà
E sta sicuro che ti scoperà
Chi è molto amato è felice si sa
Prendi una donna lasciala a yoga
Pensala sul suo tappetino
Maglia aderente e pantacollant
Flessioni e culo in faccia al vicino
Fatti un giro, uno shot di mezcal
Non chiamare non mandare messaggi
Puoi immaginartela in verticale
Mentre un uomo bellissimo le fa i massaggi
E stai tranquillo non ti lascerà
È solo stufa della retorica
Di questo amore che non smolla mai
Di questa coppia che è sempre più Rai
Sì caro amico ora sono d’accordo
Mi ero un po’ troppo accanito
Cercavo l’amore dai tredici anni
E trovatolo l’ho un po’ sfinito
Sono troppe le leggi in amore
Ti lamenti sempre di lei
Se le risparmi un po’ del tuo grigiore
Magari quest’anno godrai pure te
Senza un marito è tutto facile
La moglie è più spensierata con te
Senza marito è già possibile
Ricominciare a godere per tre
Parole per scopare con i romanzi
di Veronica Raimo & Marco Rossari
Caligine
Vibratile
Presagio
Inarcare (la schiena)
Furtivo
Torniti (i polpacci)
Brunito
Liminare
Tumide (le labbra)
Baluginio
Ambrata (la pelle)
Falesia
Ceruleo
Tepore, chiarore, torpore, umidore, candore, pudore, sapore (comunque desinenza in -ore)
Acquoso
Madida
Turgidi (okay, vi hanno sgamato)
In lode al flirt
di Sara Marzullo

Flirtare è considerata una cosa frivola, poco seria, è impegnarsi a non impegnarsi, una cosa superficiale, quando non crudele. Ti dicono “flirta con me perché in realtà non mi vuole davvero, altrimenti cosa aspetterebbe?”; ma è un modo sciatto e meschino di guardare alle relazioni, a partire dalla loro conclusione, dal loro risultato, dalla rendicontazione finale e non dallo sbilanciamento prodotto dall’eccitazione. Cosa rende difficile – o almeno non plateale, il primo impulso a dire no no no – accettare che le cose potrebbero essere diverse, meno definite di così?
Accettiamo – noi? o voi? io no? neanche in fondo in fondo nella parte meno libera di me? – il flirt solo se conduce all’esito sperato, “presupposto” (il sesso? la coppia?) cioè se possiamo tracciare una progressione narrativa, unire i puntini; altrimenti, (dicono che) siamo ciarlatani, profumieri, tiriamo l’amo, la pesca a strascico, incomprensibili, farfalloni, incostanti, manipolatori sadici, di base stronzi… un vocabolario infinito di insulti e risentimenti assortiti.
Flirtiamo solo sulle cose importanti, scrive lo psicologo Adam Phillips nel suo libro On flirtation, che mi sono portata ovunque questa estate (senza mai finirlo… è flirt anche questo?): con la morte, con i sentimenti degli altri, con la pazzia – non sulla ricetta per il pane, sulle piastrelle, su quale autobus prendere, sul pagare o no una multa. Flirtiamo con quello che è vivo o che riteniamo tale e con il suo opposto (la morte), cioè col rischio che quella vita finisca. Possiamo avere ‘problemi a impegnarci’, ma non il contrario…
Quando diciamo che qualcuno è troppo serio, si impegna troppo, non prende le cose alla leggera non lo stiamo davvero criticando, almeno nel senso comune – diciamo che non possiamo magari vivere ai suoi standard, come i santi che sono troppo buoni e forse un po’ insopportabili, ma ‘ce n’è tanto bisogno in questo mondo’ (davvero?). Flirtare è poco serio rispetto a cosa, mi viene da chiedere o, ancora, cosa intendiamo con serio?
Non tutte le discussioni possono essere risolte mettendo in discussione il linguaggio con cui parliamo, le strutture interne, le stratificazioni culturali e sociali da cui è composto – cosa è la famiglia, cosa è la violenza, cosa è il sesso… vogliamo rifondare tutto, risignificare tutto, decostruire tutto e – sacrosanto – può essere un utile esercizio, direi cruciale, ma in questo modo tutte le discussioni possono essere solo preliminari e si fa sempre fatichina a entrare nel vivo delle vicende… mettere in discussione il linguaggio sì, è giusto, sarebbe una cosa seria da fare… ma forse è lì tutta la questione, flirtare significa rinunciare alla certezza, a fare chiarezza, è scegliere di restare sulla soglia, sulla superficie, espandersi senza trovare un centro, suggerire, intendersi senza sapere se ci stiamo intendendo. La macchia di Rorschach delle nostre intenzioni più recondite.

Se state leggendo Gua Sha sapete che a volte vale la pena non spiegare, ma piuttosto seguire un’intuizione. Fatelo un attimo, seguiamo Adam Phillips.
In On flirtation scrive:
Il flirt non si sa mai se sia l’inizio di una storia – la storia di una relazione – o la sua fine; il flirt, va detto, sfrutta il concetto di sorpresa. Dal punto di vista del sadico, è come se a venire rifiutato, ritardato o persino negato fosse ciò che è noto, il finale tanto desiderato. Ma, da un punto di vista pragmatico, si può dire che flirtando si crea uno spazio in cui possono essere messi a punto obiettivi e finali; dare per scontato di desiderare più o meno ovvie combinazioni sessuali o di volersi impegnare può essere un modo per bloccare le cose, non darsi il tempo di elaborare possibilità meno familiari. Flirtare, si può dire, è un modo per coltivare desideri, per darsi tempo. Ritardare può voler dire fare spazio.
Flirtare è un modo per non obbligare l’altro o sé a prendere posizione o addirittura per obbligare a pensare nuove posizioni, nuovi nomi, nuove dinamiche; proprio quello che l’impegno, la serietà sembrano voler evitare.
Di recente mi sono trovata a riflettere sulla domanda “bisogna o no esplicitare il flirt?”, dando per scontato che no, il gioco non va mai nominato, sennò scompare. L’occasione me l’ha data un racconto che stavo leggendo e che mi chiedeva di fare il contrario, di dire, di prendere sul serio il flirt, senza che questo fosse altro che un flirt. Parlandone, una persona mi ha risposto che “è bello legittimare la propria conversazione o meglio sancire il patto. Mette l’interlocutore spalle al muro, per vedere come reagisce alla provocazione, se dice di sì o di no”. Se resta o torna indietro, se impone al gioco di continuare o ferma tutto, accende la luce.
La generosità del flirt sta nel suo implicito desiderio di sostenere la vitalità del desiderio; e spesso confondendo, o mettendo in discussione, i confini tra sesso e sessualizzazione. Flirtare crea l'incertezza che sta anche tentando di controllare; e così può farci interrogare su quale sia il modo di conoscere, o essere conosciuti, che sostiene il nostro interesse, la nostra eccitazione, nei confronti delle altre persone. Ciò che può essere sconcertante del flirt – o esaltante, a seconda dei punti di vista – è ciò che potrebbe rivelare sulla natura dell'interesse tra due persone; un'area che la psicoanalisi è sempre stata troppo veloce a patologizzare (o standardizzare). Laddove la psicoanalisi patologizza, sta comunque descrivendo una contro-cultura, anche se è una di sofferenza e crudeltà.
Flirtare è una cosa che si fa intenzionalmente oppure senza intenzione, ma imparando a restare in piedi mentre la terra gira. Quando me ne accorgo mi sembra di essere obliqua, ambigua, equivoca, ogni volta mi sembra di non essere io, che sia un gioco, ecco proprio un gioco… ma è appunto questo, fare le cose per il gusto di farle. Cioè quando dimentico come dovrei comportarmi o quando mi comporto senza pensare alle conseguenze, quando accetto la sorpresa, l’inaspettato, il non previsto. E a volte inizia come gioco, poi scopri che a essere in gioco, in ballo, c’è quasi tutto, senza che tu potessi prevederlo. Come quando in questa newsletter diciamo che vogliamo intravedere le cose, non descrivere, ma suggerire, non stiamo flirtando? Con un’idea, con chi legge, con quello che questo posto potrebbe essere… perché ancora non lo sappiamo e forse non dobbiamo neanche saperlo.
“I flirt sono pericolosi perché hanno un modo diverso di credere che esista la COSA VERA. E con ‘credere’ intendo dire ‘comportarsi come se’ esistesse”.
Impegnarsi a non impegnarsi, perché tutte queste energie per non scegliere una cosa, sapere dove mettiamo i piedi, ma allora non avanziamo, non andiamo da nessuna parte.
Una cosa
di Ivan Carozzi
Posso dire una cosa? Come tutti (o forse no, magari non per tutti è così), dedico molto del mio tempo mentale e immaginale al sesso, anzi, forse non dovrei dire che «dedico molto del mio tempo mentale al sesso», perchè accade più spesso il contrario, cioè che l'eros mi visita – detto aulicamente – e il desiderio e l'immaginazione erotica si manifestano intrusivamente e di continuo nella mia vita psichica, però vedere il desiderio così argomentato, preso di lato, di sbieco, di fronte, come in questo numero di Gua Sha e come anche altrove, mi fa un po' un effetto contrario, antierotico, vedo l'eros cristallizzarsi in parole precise e mi viene un po' da cambiare canale. Non sto dicendo che non mi va bene, tanto meno che non va bene questo numero di Gua Sha – non mi permetterei mai – ma sto solo ripetendo ad alta voce una riflessione che Gua Sha mi ha sollecitato. Baci.