

Discover more from Gua Sha
Ogni lunedì mando una mail a Francesco, Veronica, Sofia, Elisa e Ivan in cui metto insieme quello che nelle settimane hanno depositato dentro l’archivio maxximo di Gua Sha. Ogni settimana apro lo scrigno / vaso di pandora / google drive (!) che ho predisposto per loro e scopro cosa ha abitato le loro menti: ci sono foto, cartelle tematiche, pezzi, riflessioni, conti da pagare. Li scorro, ne scelgo alcuni, poi rileggo i lunghi thread di mail che ci mandiamo, una forma di scrittura automatica, di cadavre exquis e di fallimento, e poi monto insieme, aggiungendo quello che ho scritto io. Ne discuto con Francesco: parliamo del numero della settimana, di quello dopo, di come funzioniamo, di cosa intravediamo. Ognuno ha le sue religioni, i suoi temi, eppure ogni numero il pensiero diventa più viscoso, ci leggiamo, ci correggiamo, i pezzi iniziano a parlarsi tra loro, a contenere conversazioni sotterranee: la critica è il lavoro, la curatela è il lavoro, è creare lo spazio in cui non pensare tutti insieme. ecaipsid im erid iam revod non è ahS uaG. Nel primo numero scrivevamo che il problema era capire troppo, le stanze tutte illuminate, ma mi rendo conto che il problema è prevedere le forme invece di accompagnarle. Dirty questo è, questo non è. Dirty: mi dispiace, ti ho tanto deluso, pensavi fossi meglio di così. Quando sono rientrata a casa oggi ho trovato una copia de Il sesso che verrà di Katherine Angel (Blackie Edizioni): ho aperto una pagina a caso e ho letto: “Per molte donne, la vita e il sesso sono una lotta complessa tra il bisogno di indurirsi, fortificarsi [...] e il bisogno di ricevere e sciogliersi [...] Quando si tratta di sesso, la vulnerabilità può essere un elemento di piacere.” La traduzione è di Veronica Raimo e Alice Spano, a maggio sul Tascabile avevo parlato con Angel ed Elisa Cuter. Abbiamo bisogno di rivelare la violenza, i ecaipsid im, i pensavo fossi migliore di così, aprire una chat per litigare con qualcuno, meglio se membro dalla parte giusta, rompere le nostre cose, ma anche di restare aperti, vulnerabili, ascoltare di notte due ragazze coreane che cantano i Cocteau Twins, perché it doesn’t get any better a volte. Il balsamo, un pensiero tornando a casa, una busta sorpresa comprata dal giornalaio per un nipote che non ho.
– Sara
À vendredi, Robinson
di Elisa Cuter
Alla Berlinale ho visto un film di Mitra Farahani, À vendredi, Robinson che documenta l’incontro (mancato) tra Jean-Luc Godard e Ebrahim Golestan. Su richiesta della regista i due si scambiano una mail a settimana. Golestan cerca di intavolare un discorso sul ruolo dell’intellettuale e su quello che rimane della lotte di classe. Godard sembra trollarlo, gli risponde con immagini. Una mail è un collage sul segno: c’è un Matisse, un pezzo a caso dal Finnegans Wake messo in verticale, un ritaglio a caso da una lettera manoscritta di Golestan in farsi e un video di una macchina che spruzza vernice sull’asfalto. Mi ha fatto pensare a Gua Sha, pensare per forme. À jeudi, Robinson.
Le chat per litigare
di Sofia Torre
Mi sono messa a chiacchierare con un’attivista femminista su Facebook, di quelle che si dichiarano lesbiche in senso politico e che hanno costituito per tanto tempo il mio versante politico. Vorrei che fosse ancora così, ma odio sentirmi fare la predica e sentirmi dire cosa devo fare, per cui le rispondo fintamente piccata quando mi chiama con disprezzo “etero curiosa”. Ogni tanto ho scopato delle donne, le dico, sapendo quanto le darà fastidio il termine scopare vicino al termine donna, usato come complemento oggetto. E infatti…
“Le oggettifichi come fanno gli etero!”
“Sai almeno la differenza fra oggetto di desiderio e soggetto di desiderio?”
“Il problema delle donne etero è che non si rendono conto di mangiare la merda” ecc.
“Al massimo puoi dialogare con Monique Wittig”.
E ci risiamo. Qualcuno che ti dice, di nuovo, cosa devi e non devi fare. Poco importa che chi te lo dice pensi di cavalcare sempre e comunque istanze liberatorie, se ricopre tutto di questa patina di normativizzazione. Che poi, cosa cambia con le norme mainstream?
Devi sorridere agli uomini, non devi sorridere agli uomini. Devi raderti le gambe, non devi raderti le gambe. Devi essere magra, devi essere grassa. Devi fare sesso, non lo devi fare. Devi esercitare controllo, potere e vergogna sui tuoi impulsi – e questo vale sempre, per tutti, ricordatelo sempre.
(La vergogna a tratti è piacevole, ma non si può dire).
Devi prestarti al sesso semi-masturbatorio di qualche uomo che non ti piace. Devi andare a letto con qualcuno con morbidezza, dolcezza e reciprocità, poco conta che a te facciano abbastanza schifo morbidezza, dolcezza e reciprocità, non c’è niente da fare, permane la pudibonda separazione fra erotismo e pornografia delle femministe antisex: le donne devono fare l’amore, le scopate sono per gli uomini, come tutte le cose divertenti della vita (il fantacalcio, le gare di rutti, la birra con il drago sulla lattina).
La mia conversazione, durata pochi minuti, mi ha vista cercare di mantenere la calma, poi irritarmi ed essere sardonica e poi di nuovo cercare di mantenere la calma. Provare desiderio senza politica, pare, non va bene, non ti rende femminista. Mi sono sentita spiegare che è importante coltivare un lesbismo politico, magari colpevolizzando tuttE coloro che hanno desideri non politicizzabili, coloro che desiderano oggettificare ed essere oggettificate e che preferiscono un post-coito che non assomigli alla sala d’aspetto di un centro ricreativo. Il segreto è organizzare la propria vita sentimentale e sessuale come se fossi di fronte a un tribunale popolare, che decide cosa è giusto e cosa è sbagliato in un settore come quello erotico, in cui ambiguità, dolore e comprensione sono abbastanza avvinghiati da rendere quasi impossibile capire, anche perché la comprensione non serve a niente. Capire complica le sensazioni, genera i sentimenti, spezza le relazioni. Perché volete capire il sesso a tutti i costi? Basta prendere precauzioni e farlo con persone consenzienti. Se non sono lesbiche politiche ce ne faremo una ragione. Se sono degli stronzi che hanno votato male, ci faremo una ragione anche di quello.
Possiamo farci una ragione persino di sandali e calzini, se usati nei punti giusti, con gesti misurati e una faccia sexy.
Possibile che nel 2022 sembri ancora di star cavalcando le Porn Wars degli anni Ottanta? Non vi annoiate mai? Lo dice un maschio bianco cis e sempre molto sexy, Valerio Mastandrea, in Non pensarci, “Ma non vi rompete i coglioni?” Interrogata sui tuoi impulsi, non ti passa solo la voglia di fare sesso, ma anche quella di socializzare e di fare attivismo, e ti ritrovi con gente come me, che per una volta che le cose non stanno andando nel modo peggiore possibile, ha voglia di distruggere tutto, di bruciare tutto, alla Walter Siti, perché la società delle norme è qui e ci guarda perdere dieci minuti su Facebook per raccontarci a vicenda come stiamo sbagliando tutto. Io per non sbagliare vado a procurarmi sandali e calzini.
체리의 향기
di Ivan Carozzi
La faccio breve. È sabato sera e siedo al tavolo di un ristorante. Il cibo è mediocre. Nessuno all’ingresso ha chiesto il Green Pass. Il ristorante è strapieno. Fa caldo. Di fronte alla cassa c’è una lunga coda per pagare. I camerieri fanno zig-zag tra i clienti che se ne vanno in bagno o verso la porta per uscire e fumare. Non è un ristorante ma una macchina infernale e senza scopo. Una volta pagato il conto ci spostiamo in un bar per un’ultima bevuta. Bevo e me ne vado a casa. Nessuna delle persone con cui ho cenato immaginava a che cosa stessi pensando mentre mangiavo. Nessuno sapeva che cosa mi stesse davvero passando per la mente mentre facevo finta di appassionarmi a un argomento. Cammino nella notte e penso a lei. Da tutto il giorno penso a lei. Supero un cavalcavia. Arrivato a casa mi butto sul letto e accendo il computer. L’algoritmo di YouTube suggerisce un video da duemila visualizzazioni. È una cover di Cherry-coloured funk dei Cocteau Twins. La versione è delle Eggeater, due ragazze coreane. Una suona la tastiera MIDI, l’altra sussurra nel microfono e in alcuni brani la chitarra. Ascolto e la canzone mi fa l’effetto di un farmaco. Non ho mai sentito nulla di così bello. Piano piano mi addormento. Sono salvo.
Il giorno dopo continuo ad ascoltare e riascoltare, poi, spinto da amore e gratitudine, decido di scrivere alla mail pubblicata sul canale YouTube delle Eggeater. Propongo un’intervista. Loro accettano e mi dicono che sarà la prima intervista della loro vita.
Posso chiedervi come vi chiamate?
E,J: Eugene tastiere, Jihye voce.
Come vi siete conosciute?
E,J: Ci siamo incontrate per la prima volta in una band studentesca, all'università. All'inizio abbiamo fatto alcune cover con gli altri membri della band, ma poi volevamo fare qualcosa di più, quindi abbiamo iniziato a creare la nostra musica.
Da dove viene il nome «Eggeater»?
E,J: Abbiamo trovato su YouTube un video di serpenti carini che mangiano uova; in realtà non ci piacciono né i serpenti né le uova, ma eravamo incuriosite da questa immagine di piccoli serpenti che ingoiano le uova. Così abbiamo deciso di scegliere il nome “Eggeater”.
Ho scoperto il vostro canale YouTube grazie alla meravigliosa cover di Cherry-coloured funk dei Cocteau Twins e in seguito ho scoperto la vostra musica e brani come Sour dream e Locomotive. Il vostro è un suono molto delicato, psichedelico, caldo, sognante. Anche se può suonare strano, mi ha ricordato qua e là i Soft Machine e In a silent way di Miles Davis, ma anche la musica downtempo e chill out degli anni Novanta, però con un’attitudine ASMR. Come descrivereste il vostro immaginario musicale e la vostra ricerca musicale?
E,J: Grazie per i tuoi complimenti. Non definiamo la nostra musica in generi specifici, ma siamo d'accordo con quello che dici a proposito del nostro stile.
J: Tra di noi facciamo molto «music talk», insomma chiacchieriamo molto di musica, ci scambiamo impressioni e pensieri su varie canzoni, e attraverso i nostri discorsi espandiamo la nostra gamma di conoscenze musicali.
E: Nel caso di Cherry-coloured Funk, è andata che un giorno Jihye mi ha consigliato la canzone, così l'ho ascoltata e mi è piaciuta. A quel punto abbiamo deciso entrambe di farne una cover.
E: Elaboriamo e prendiamo ispirazione da immagini della natura, del paesaggio e della nostra vita quotidiana. Forest ed Emerald, per esempio, sono ispirate da immagini di foreste e mondi sottomarini. Sour Dream viene da un sogno che ho fatto.
Suonate anche dal vivo?
E,J: Suonavamo nei locali per musica dal vivo di Seoul, ma non potendo più farlo a causa del COVID, ci stiamo concentrando sulla realizzazione di un album demo. Quindi non stiamo più pianificando show dal vivo. Se la pandemia finirà e il nostro album verrà pubblicato, allora saremo disponibili a suonare ovunque. Fino ad allora, sostituiremo gli spettacoli dal vivo con i video di YouTube.
Come scegliete le cover da suonare?
E: Come accennato prima, parliamo di molti argomenti diversi mentre lavoriamo sulla nostra musica; principalmente scegliamo fra gli album e le canzoni che ascoltiamo. Se avvertiamo una sorta di umore «sognante» in una canzone, allora decidiamo di farne una cover e mentre suoniamo cerchiamo di enfatizzare al massimo l'atmosfera. Only Shallow dei My Bloody Valentine, che è un'altra canzone di cui abbiamo fatto una cover, ha un suono dalla texture molto ruvida, che proviene dalla chitarra, ma noi abbiamo preferito concentrarci sulla melodia e sull'atmosfera sognante dell'accordo, piuttosto che sulla texture.
J: Non conosciamo il risultato delle cover finché non sono finite. In ogni caso, poi le uploadiamo. Siamo davvero grate e felici che alle persone piacciano.
Com'è la scena musicale coreana? Esiste una scena underground?
J: Non comunichiamo granchè con gli altri artisti coreani, di conseguenza non sappiamo molto sul conto della scena musicale coreana. Seoul è una grande città, quindi scommetto che esisteranno scene musicali con vari stili. Tuttavia, sappiamo che la nostra città non è un luogo molto promettente o eccitante per le scene musicali, proprio come qualsiasi altra città tranne quelle fortunate. L’ottimismo di chi vede speranza e prospettive nella scena musicale underground coreana, andrebbe in qualche modo elogiato e sostenuto.
Che ne pensate del K-Pop? In Italia è sempre più popolare.
E,J: Ascoltiamo spesso «NCT Dream» e ci piace ballare con le loro canzoni. Pensiamo che il K-pop sia come i telefoni Samsung: una specialità coreana di successo, preparata da tante persone fantastiche in poco tempo.
Lavorate o andate ancora all’università?
J: Siamo vicine alla laurea. Eugene in Earth System Science e io in Lingua e Letteratura russa. Al momento non sappiamo ancora che lavoro faremo.
Come avete scoperto Cherry-coloured funk?
E: Era sulla mia playlist di Spotify e l'ho adorata.
Vi siete fatte un’idea sul significato del titolo e del testo di Cherry-coloured funk?
E,J: Abbiamo capito il senso di alcune parole e versi, ma non il significato sottostante. (Se invece tu ci avessi capito qualcosa, condividilo con noi). Il titolo, forse, ha a che fare con il profumo delle ciliegie e probabilmente i testi sono stati scritti in funzione della cantabilità delle parole. Il modo di pronunciare le parole da parte della cantante è unico e corrisponde davvero al mood della canzone.
Vi piacciono Cocteau Twins? Io li amo da sempre.
E,J: Sì, li amiamo. Non sappiamo molto del loro background, ma le canzoni e gli album, nel modo in cui gli accordi e l'atmosfera risultano sognanti e fantastici, sono davvero unici. Cherry coloured funk, in particolare, ha un profumo molto gradevole. Inoltre non è prolissa né kitsch. La canzone rappresenta la libertà e ha una proporzione aurea. È unica ed espressiva. Se l'album di Miles Davis è una candela al profumo di erba in una stanza buia, Heaven or Las Vegas (l’album dei Cocteau Twins da cui è tratto il brano, ndr) è un dolce e freddo gingerade.