Io comunque guardo solo il cane – Gua Sha n. 48
E a essere onesti il cane non smette di guardare me
In questo testo comico-erotico, che leggerete di seguito, Veronica Raimo a un certo punto scrive che “non me ne è mai fregato niente di sapere se esista una coscienza canina o roba del genere”. Una sentenza che mi ha suscitato un moto istintivo di approvazione. Leggendo il racconto, scoprirete del rapporto fatto di sguardi che s’instaura tra un cane e la protagonista, nell’interno di un appartamento romano, “a due passi dal Gianicolo”, mentre qualcos’altro sta accadendo proprio in quell’interno. Ma perché ho immediatamente simpatizzato con quella frase? Perché, crescendo, anzi ormai così cresciuto che dovrei dire invecchiando, mi accorgo di essere diventato una persona sempre più esigente e insofferente, in questo caso alle mode dell’industria editoriale, culturale, mediatica e festivaliera. Sono insofferente, oltre a tutti i libri e agli interventi radiofonici e televisivi sulla grande suggestione delle piante, su quanto sono buone, cooperative e intelligenti le piante, e su quanto è bella la vegetazione, specie se spontanea e indomita, e poi naturalmente insofferente ai libri sulle cuoche dimenticate, sulle pittrici umiliate, sulle astronaute coraggiose, sulle scienziate tenaci, sulle avanguardistiche compositrici di musica elettronica, e poi intollerante verso l’esplosione atomica editoriale riguardo tutto ciò che è queer, nel cinema, nelle arti visive, nella grafica, nella fotografia, e insofferente non da ultimo verso l’altra moda dei libri, appunto, sulla coscienza animale, e mi dichiaro insofferente a tutto questo perché sento, in un punto molto vivo della mia coscienza, che dietro queste ondate c’è un dito chiericale puntato contro l’essere umano in quanto tale, ritenuto inferiore e misero pezzo di merda, il che ci sta, figuriamoci, io per primo, ma voglio dire, da che pulpito, se questa silenziosa ma insistente accusa è mossa da altri esseri umani. È il “chierico progressista”, descritto all’inizio degli anni Settanta dal vate Pier Paolo Pasolini, che oggi spadroneggia nell’industria culturale. Al di là dello sfruttamento editoriale, di questo o quel tema, anche la coscienza animale è ovviamente un argomento di enorme interesse, affascinante, senza fondo. Ricordo che moltissimi anni fa, quando fumavo le canne e tornavo a casa di notte, mi capitava di trovare il gatto seduto in poltrona, come se mi stesse aspettando. Allora, cosa che non capitava mai in altre circostanze, io mi avvicinavo e mi mettevo a fissarlo con i miei occhi arrossati e allora lui ricambiava, immobile, con il suo sguardo di cristallo. Sembrava davvero cosciente.
– Ivan Carozzi
Grazie Ivan dell'introduzione, non sono d'accordo con quello che dici e sarei ipocrita a dire che darei la mia vita affinché tu possa esprimerlo, come d'altra parte nemmeno Voltaire probabilmente l’avrebbe data, visto che non ha mai detto o scritto una frase del genere, ma insomma, anche se non sono disposta ad ammazzarmi, mi fa piacere che tu abbia le tue idee e io le mie e che possiamo serenamente restare in vita tutti e due e farci un bicchiere.
– Veronica Raimo
Guardo solo il cane
di Veronica Raimo
Io comunque guardo solo il cane. Non che lui non sia bravo, anzi, tutto il contrario direi: si muove bene, con estrema competenza, quasi avesse fatto un corso ad hoc. Soprattutto il modo di usare le mani ha qualcosa di così professionale che non sembra esperienza ma proprio tecnica applicata. Il che, non c’è dubbio, è piacevole, e forse dovrei aggiungere eccitante, visto che è di quello che stiamo parlando, e non dico di non essere eccitata, o quanto meno non posso provare il contrario perché tutto fila come dovrebbe, né capisco perché mai dovrebbe interessarmi provare il contrario visto che lui sta andando alla grande e anche io reagisco bene, la tecnica è a posto, quindi non c’è proprio niente che mi debba turbare, e infatti non sono turbata, è soltanto che non smetto di guardare il cane. E a essere onesti il cane non smette di guardare me.
Non sta guardando noi due, non è interessato a come funziona la faccenda fra gli esseri umani, ma guarda proprio me. Mi guarda negli occhi. Se ne sta lì a cuccia, come un cane, e mi fissa negli occhi. Non si muove, non fa niente, a parte fissarmi. Ci guardiamo ormai da più di quindici minuti se togliamo i preliminari in cui non ero ancora svestita, e non ero ancora sdraiata, e soprattutto non ancora girata con la testa dalla parte del cane. E mi chiedo perché non stia guardando lui piuttosto e, sono sicura, se lo chiede pure il cane, anche se non la smette di guardarmi, quindi se lo chiede e basta, ma non ci pensa proprio ad aiutarmi, il che sarebbe abbastanza semplice, tipo sgranchirsi le zampe e uscire dalla stanza.
Non sono mai stata una fanatica del voyeurismo ma sono una persona aperta, non ho pregiudizi, però con un cane la cosa è un po’ diversa, e per quanto non me n’è mai fregato niente di sapere se esista una coscienza canina o roba del genere, devo confessare che qualche indizio in più vorrei averlo, perché continuare a fissare un cane negli occhi senza capire che cazzo gli passi per la testa comincia a essere vagamente disturbante e, a lungo andare, ho il sospetto che potrebbe incidere sul rendimento complessivo di questo pomeriggio, anche se lui continua a essere un fenomeno con le mani, e non se la cava niente male pure col resto.
Eppure non lo guardo questo fenomeno. Manco a dire che sia brutto, anzi. “Belloccio”, come si è definito lui stesso senza traccia di ironia mentre sorseggiavamo un’acqua tonica, prima di finire in questa stanza, o almeno così gli dicevano da ragazzino quando lui voleva iscriversi a Scienze Politiche, mi pare, e invece più saggiamente gli consigliavano di provare con la pubblicità. E infatti è stato un ottimo consiglio, a giudicare dal suo appartamento a due passi dal Gianicolo, dieci volte casa mia, un posto magnifico a parte le applique alle pareti e il cane sul pavimento. Ma cerco di non pensare alla parola belloccio, mentre lui insiste col dito, per quanto sia difficile nascondere questa verità, e neanche lui la nasconde coi suoi avambracci muscolosi, e gli addominali piatti ma flessibili, immortalati di recente su un catalogo di biancheria maschile che è l’unico libro che gli ho visto in casa. Per non parlare degli occhi, di un blu profondissimo, che gli hanno assicurato la pubblicità per delle lenti a contatto perché effettivamente è difficile pensare che quel blu sia un colore naturale, e forse in realtà non lo è, e lui le porta davvero le lenti a contatto, ma sarà complicato scoprirlo se continuo a guardare gli occhi del cane.
Comunque devo ammettere che pure il cane ha dei begli occhi, visti da qui direi che sono sul verde, con un taglio leggermente sghembo, alla Sean Penn. E proprio mentre sto per venire, sento gli occhi di Sean Penn puntati addosso, e cerco di pensare che ci sia veramente Sean Penn seduto a cuccia a due metri dal letto, ma sembra che il cane l’abbia capito, e per sfregio mette su l’espressione più bastonata di cui è capace, proprio da carlino scemo anche se è un alano. Lui continua imperterrito il suo efficiente lavoro di polpastrelli, non è minimamente sfiorato dai miei pensieri, e ho la netta sensazione che al momento il cane mi capisca molto più, tanto che devo ricredermi riguardo al mio scetticismo sulla coscienza canina, e mi ritrovo a implorare mentalmente il cane di rifare Sean Penn, perché se adesso mi metto a guardare lui, vedrei solo un belloccio con gli occhi fintissimi e un mezzo busto da Tezenis, e non posso permettermelo considerato che sto per venire, per cui continuo a guardare il cane, e quello tutto gongolante mi fa un chiaro cenno di assenso, proprio un sì con la testa, e si gode la sua vittoria, poi si alza, si avvicina alla mia faccia e finalmente vengo mentre Sean Penn mi lecca una guancia.