Gua Sha

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Follonica – Gua Sha n. 34
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Follonica – Gua Sha n. 34

Sono finiti quei tempi

Ivan Carozzi
,
Elisa Cuter
, and
NightReview
Sep 1, 2022
3
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Follonica – Gua Sha n. 34
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Rosi Braidotti è intervenuta nel dibattito sul presunto femminismo di Giorgia Meloni la scorsa settimana scrivendo che “il femminismo è un movimento trasformativo, non solo egalitario. Si basa su principi fondamentali, che sono etici ancor prima di diventare politici: la solidarietà, per esempio, tra donne, ma anche con il popolo Lgbtq+. E anche solidarietà intersezionale cioè tra classi, razza, etnicità, religione, generazioni ecc. Molteplici strati di differenze che si arricchiscono e si rinforzano a vicenda”. Ho inoltrato via WhatsApp questo trafiletto ad amici che so condividere il mio fastidio per la sua retorica da catechista (e il suo strenuo sostegno al PD) commentando con tono di scherno: “La famosa solidarietà tra le classi!”. E provando una grande nostalgia per i tempi in cui a nessuno sarebbe saltata in mente una cosa del genere. Tra le classi c’era un conflitto aperto e chiaramente identificabile. È una nostalgia che mi sembra racconti anche Ivan: quella per la chiarezza, la comprensibilità di un mondo in cui dare un nome alle cose era più facile, ci si divideva sulle linee delle barricate ma sapendo tutti cosa ne andava, cosa comportavano, cosa significavano. Ridateci un tempo in cui nonostante (o forse proprio grazie al-) le divisioni parlavamo tutti la stessa lingua. Anche a costo di prenderci un pugno in faccia.

Al netto del fatto che con tutta probabilità sia Ivan che il corriere di cui racconta qui sono probabilmente entrambi lavoratori precari, e la mia nostalgica e rassicurante certezza su che cosa sono le classi vacilla. E sospetto, ma non so se sia meglio o peggio, che neanche ai tempi delle barricate sarebbe stata poi così granitica.

– Elisa Cuter

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Follonica

di Ivan Carozzi


Una mattina d’estate entro al bar della stazione per prendere un caffè. Proprio di fronte a me, al bancone, un altro cliente si accinge a bere un caffè. È un uomo sulla trentina. Indossa una polo grigia a maniche corte, un paio di pantaloni con i tasconi e scarpe marroncine antinfortunistiche. Potrebbe essere un corriere che ha appena parcheggiato per fare cinque minuti di pausa. Ha una schiena enorme, muscolosa, scolpita. Incute un certo timore. Finché c’è questo tizio a prendere il caffè, mi sento un po’ in soggezione. Esito ad avvicinarmi e a chiedere anch’io un caffè. Noto che il barista lo tratta con riguardo. È chiaro che anche il barista prova un po’ di paura, anche per via dei tatuaggi che l’uomo ha sulle braccia. Ho la sensazione che il barista voglia esibire un certo rispetto nei confronti di questo cliente, un po’ come si mostra rispetto per un superiore gerarchico. Meglio tenerselo buono. Nel bar regna una grande pace. Ascolto il ronzio discreto del frigo e i passi del barista dietro il bancone. Sono nel cuore più profondo dell’estate. Mi colpisce una scritta in stampatello tatuata sulla nuca rasata del cliente: “COLPEVOLE”. Su entrambe le braccia ha il tatuaggio di due ampie ragnatele che gli avvolgono i gomiti abbronzati. Il resto delle braccia è pieno di tatuaggi.

Follonica

Vedo il muso di un lupo disegnato di profilo e una pistola nera che si staglia in perpendicolare sull’interno dell’avambraccio. Non è una pistola generica.

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